Archivio per Macerata

SARNANOSCAPE #3 Sarnano 17-25 maggio

spazio Lavi!_ACCADEMIA DI BELLE ARTI MACERATA_Comune di Sarnano

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SARNANOSCAPE #3

workshop sul frottage a cura di Marina Mentoni e Paolo Gobbi con la collaborazione di Matteo Catani

con la partecipazione di: A. Nicole Barzanti, luliia Baziaeva Erika D’Elia Zhou Di Rosa Maria Graziosi Symone Naomi Hinds Emmie Hubbard Maia Gaffney Hyde Paula Kaniewska Somshun Khan Deng Li Yu Giulia Maponi Wu Si Mzng Elisa Pietrella Andrea Ricchiuto Emily Swan Yi Tao Luo Tonglian Francesca Verdini Elisa Vitali

Foto e riprese video Vincenzo Antonini Diego Di Giandomenico

Elena Giustozzi  familiare a cura di Piero Orlandi Spazio Lavì Sarnano inaugurazione venerdì 23 maggio ore 18.00

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Elena Giustozzi è nata a Civitanova Marche (MC) nel 1983. Dopo la maturità scientifica si iscriveall’Accademia di Belle Arti di Macerata dove nel 2008\2009 consegue il diploma di laurea di primo livello in Decorazione. Nel 2011\2012 conclude il corso di studi specialistico in Pittura. Attualmente cultore della materia di Tecniche Pittoriche (triennio), Tecniche e Tecnologie delle Arti Visive Contemporanee (triennio) e Laboratorio di Tecniche e Tecnologie per la Pittura (biennio) presso l’ABA di Macerata.

info: Associazione culturale Spazio Lavi! via Roma 8, 62028 Sarnano (Mc) +39 3892862551/ spazio.lavi@gmail.com

Walter Cascio – LTZ / Spazio Lavì / Sarnano / a cura di Umberto Zampini / inaugurazione venerdì 18 aprile ore 18.00 / fino a domenica 27 aprile

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Walter Cascio – LTZ

a cura di Umberto Zampini

dal 18 al 27 aprile 2014

Chiamare “originale” il lavoro di un artista può, nel dire comune, sembrare piuttosto banale, ma se si scava nel termine, se lo si indaga, ecco che “originale” diventa tutt’altro che ovvio e la sua importanza appare in tutta la sua forza. Originale significa, infatti, attiguo all’origine, talmente attiguo da conservare un rapporto continuo con essa.

Le opere di Cascio sono originali. Portano in sé e parlano, senza dubbio, dell’origine. Opere che narrano se stesse, quello che sono, non sono piegate dalla necessità di raffigurare qualcosa al di fuori del proprio esistere; non sono rappresentazioni di altre esistenze, ma realtà altre, scaturiscono dal pensiero e dalla tana misteriosa dei nostri archetipi.

Le sculture e i dipinti che Walter Cascio espone a Spazio Lavì! sono questo. Il lavoro di Cascio crea spazi e tempi del suo stesso esistere. Si autoregola e automisura. Scandisce un tempo autonomo, non cerca conforto nei cronometri e calendari con cui misuriamo il nostro tempo. Sa che esiste un luogo in cui tutto ha origine e in cui tutto continua ad originarsi. L’artista creatore conosce quel luogo perché ne è parte integrante. Nei dipinti la stesura successiva dei pigmenti e il loro divenire campitura di colore accompagna sguardi ed emozioni attraverso una lunga e imprevedibile successione di tempi in cui le forme, apparentemente perfette, della rappresentazione si animano dell’energia stessa dell’osservatore: pittura dell’anima per l’anima.

La scelta del materiale della scultura è fortemente simbolica: con l’argilla si creano le forme, come racconta la Genesi. L’argilla, acqua e terra, è materiale da creatori. La forma bisogna crearla, plasmarla, definirla, inventarla, poi passarla nell’aria rovente del forno e dominarne la fiamma, sapere per quanto tempo. La terracotta è tutto questo, il processo alchemico in cui nasce è frutto dell’interazione di fuoco, aria, acqua e terra, i quattro elementi archetipici nati dal caos primordiale e costitutivi dell’universo. Utilizzando questo materiale Cascio afferma la forza creatrice dell’arte, la sua possibilità di poter accedere alle radici dell’esistere. Il radicarsi nell’ancestrale fa sì che queste sculture ci appaiano familiari anche se non le abbiamo mai viste prima. Le modulazioni cromatiche ci riportano a memorie antiche, fanno scorrere un tempo che sembra quello che conosciamo anche se è scandito da regole ignote. Sono oggetti estremamente umani, danno serenità, avvolgono di quiete, raccontano di un tempo perduto ma non distrutto, un tempo che esiste ancora perché, nascosto, appartiene ancora a ciascun essere vivente, alla nostra origine.  

Walter Cascio, nato a Bologna il 9 novembre 1958, vive a Bologna.

mostre personali:

1982 – Bologna, Galleria “Il Navile”

1986 – Budrio, “Ca’ Ed Metusco”

1988 – Bologna, Galleria “Biloba”

1989 – Alessandria, Galleria “Triangolo Nero”

1992 – Cesena, “Ex pescherie”

1993 – Saint-Étienne, “La Serre”

1993 – Salonicco, “Istituto Italiano di Cultura”

1994 – Bologna, Galleria “San Luca”

1998 – Pontedera, Galleria “Liba”

1998 – Bologna, Galleria “G 7”, Variazioni

2003 – Milano, Galleria “Grossetti Arte Contemporanea”, Walter Cascio Recent Works

2004 – Bologna, Galleria “G 7”, “Cascio”

2006 – Londra, “Barbara Behan Contemporary Art”, Touching the void

2013 – Modena, “Galleria Mies”, Walter Cascio

Tutto è paesaggio_a cura di Piero Orlandi

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Glasgow nel 1969 sembrava una città uscita da poco dalla guerra, piena di rovine, di vecchie rotaie e di nuovi viadotti. Così ci appare nel ritratto che ne faceva un giovane studente di architettura, proprio mentre decideva di prendere la strada che l’avrebbe portato a diventare Gabriele Basilico, uno dei maggiori fotografi italiani ed europei. I paesaggi urbani, nella nostra esperienza quotidiana, convivono con quelli interiori. Tra questi, i più taglienti e luminosi, come il ghiaccio, come i riflessi del sole negli occhi, sono i ricordi d’infanzia: i giornalini a fumetti, i personaggi delle favole che ci raccontavano, le giostre e i cavalli a dondolo dove ci portavano (Betty Zanelli). Si possono fotografare i sentimenti legati a emozioni così lontane? Si possono fotografare i legami persistenti -oppure recisi e poi ricostruiti -con i luoghi dove siamo stati, o passati; il tormento e l’estasi delle memorie familiari (Mili Romano)? In un certo senso, sì. Lo si può fare dando vita e risalto a figure, oggetti, spazi più o meno soffusi di irrealtà: specchiere, poltrone e vecchi salotti. Alla fin fine questi sono paesaggi anche più indelebili di quelli che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, che sembrano scivolare via dalla nostra coscienza, per la loro banalità, ordinarietà, anche bruttezza: come gli sguardi che gettiamo intorno, quando stiamo, indolenti o affannati, nell’attesa di un autobus (Giovanni Zaffagnini). Ma molto spesso è proprio quando osserviamo sopra pensiero i particolari di un muro, che dialoghiamo con noi stessi in profondità (Michele Buda): riemergono pensieri nascosti negli abissi del nostro io, e anche questi formano la percezione dell’habitat in cui viviamo. Tutto è paesaggio, afferma fin dal 2000 un’importante convenzione sottoscritta da tutti i paesi europei. Che ci esorta a prendere cura degli spazi e dei luoghi dove viviamo ogni giorno, a sentirli e a renderli nostri, non qualsiasi. Ci spinge a fare questo, oltre a tutelare e valorizzare i monumenti, le eccellenze. Ma in Italia, paese dei monumenti e delle eccellenze, e al tempo stesso paese così carente di una cultura dello spazio pubblico e del bene comune, in Italia questi atteggiamenti e queste pratiche sono più rari che altrove, sommersi da un mare di indifferenza e individualismo. Ci sono tanti modi per reagire. Possiamo farlo ad esempio chiedendoci senza autocensure come può coesistere il giudizio politico che diamo su certi momenti della storia nazionale, con le microstorie familiari e personali (William Guerrieri). Anche queste riflessioni c’entrano con la nostra idea di paesaggio, con il suo formarsi e con la costruzione della nostra identità. Un’identità che vive in una continua oscillazione tra il desiderio di fuga e di infinito, di viaggio e di altrove, di nuvole e sogno (Marina Mentoni), e il rimpianto per il luoghi che lasciamo, che ci assale già al momento in cui ce ne separiamo o quando li guardiamo stando in piedi dietro una tenda nel vano della finestra (Marco Bucchieri). Un’identità che a volte ci sembra minacciata dall’evidenza-invadenza di un ambiente urbano sempre più denso e pervasivo, a volte freddo e ostile ma tuttavia affascinante (Fabio Mantovani); altre volte enigmatico, e percorso di riflessioni – le nostre -intime e silenziose (Giovanni Hänninen); dove emergono, per salvarci, i volti delle persone che amiamo, che riconosciamo come compagni di viaggio (Matilde Piazzi): e sono proprio questi volti a dare il tocco finale al nostro sentimento del paesaggio.

associazione duepuntilab, via Solferino 19, Bologna venerdì 14 febbraio – domenica 23 febbraio 2014, orario di apertura 17.30 – 19.30 lunedì, martedì e mercoledì solo su appuntamento per informazioni 389 2862551

William Guerrieri OCCIDENTALE 2005/2013 a cura di Nicoletta Leonardi / Spazio Lavì! giovedì 19 dicembre ore 18.00

William Guerrieri OCCIDENTALE 2005/2013 a cura di Nicoletta Leonardi / Spazio Lavì! giovedì 19 dicembre ore 18.00

Spazio Lavì!
inaugurazione giovedì 19 dicembre ore 18.00

19_29 dicembre tutti i giorni ore 18.00_20.00

William Guerrieri
OCCIDENTALE 2005/2013

a cura di Nicoletta Leonardi

I lavori di William Guerrieri esposti in occasione di questa mostra sono stati prodotti nel 2005 e nel 2013 nell’ambito di due campagne fotografiche commissionate rispettivamente dalla ex-Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna e dall’Associazione Spazio Lavì.
La committenza del 2005  è stata attivata con la finalità di documentare gli edifici realizzati durante il ventennio fascista lungo la Via Emilia; quella del 2013, in linea di continuità con la prima, ha come oggetto la stessa tipologia di edifici in alcune città delle Marche: Ascoli, Macerata, Corridonia, Sarnano.
Fin dagli esordi, all’inizio degli anni ’90, William Guerrieri ha incentrato la sua ricerca sulla memoria personale e collettiva come strumenti di resistenza contro la perdita di coscienza storica che caratterizza la società contemporanea. Le sue fotografie mostrano come la memoria e l’identità si definiscano e si alimentino in rapporto allo spazio architettonico degli ambienti pubblici istituzionali destinati ad accogliere la collettività, e agli oggetti più banali e apparentemente insignificanti della cultura materiale. Per questa via, Guerrieri mette in evidenza come la cultura visiva possa essere utilizzata per risvegliare i processi della memoria e il potenziale emancipatorio del ricordo senza per questo cadere in atteggiamenti nostalgici nei confronti del passato. Nel complesso, il lavoro di Guerrieri è un esempio di come la fotografia possa operare come uno fra tanti strumenti di intervento politico, sociale culturale e comunicativo sul territorio, nell’incontro fra discipline diverse in dialogo fra loro.
Gli edifici rappresentati nelle fotografie che compongono questa mostra sono esempi di un’architettura di regime che, sia quando appartenente al razionalismo italiano che quando espressione del monumentalismo di stampo classicista, è indirizzata a produrre l’immagine di un forte governo centrale. Questi edifici, originariamente creati per suscitare ammirazione, rispetto e timore nei cittadini, popolano ancora oggi il nostro territorio. Talvolta essi sono ancora in uso come scuole, ospedali, sedi municipali, residenze universitarie, talaltra si trovano in stato di abbandono, spesso all’interno aree urbane a bassa densità d’uso, e più in generale nel tessuto discontinuo della ‘città diffusa’ che oggi domina vaste porzioni del territorio italiano. A partire da questi presupposti, gli interrogativi che pone Guerrieri attraverso il suo lavoro sono i seguenti: in chi non ha memoria diretta del ventennio fascista questi edifici che tipo di reazioni suscitano? Le architetture di regime vengono oggi percepite dai cittadini delle ultime generazioni come luoghi del tutto svuotati della storia di cui sono testimonianza? Esse appaiono agli occhi di chi non ha memoria della loro origine come oggetti collocati in un eterno presente de-politicizzato?
Come è tipico di tutta la sua ricerca, attraverso queste fotografie Guerrieri tenta di risvegliare nell’osservatore una consapevolezza storica che parte dalla riattivazione dei meccanismi della memoria collettiva, al fine di portare chi guarda a interrogarsi sulla propria identità sociale.

William Guerrieri nasce a Rubiera (Reggio Emilia) nel 1952 e vive a Modena. Si laurea in Pedagogia all’Università di Bologna, dove frequenta anche i corsi del DAMS. A metà degli anni Settanta, grazie alla conoscenza dell’artista concettuale Franco Vaccari, inizia a interessarsi di fotografia, intesa come mezzo per esprimere progetti artistici. Dalla fine degli anni Ottanta, lavora con autori come Guidi, Barbieri, Baltz, Shore, Niedermayr, Vaccari al progetto Linea di Confine, in veste di coordinatore. La sua ricerca dai primi anni Novanta verte sull’identità degli spazi dei luoghi pubblici e della memoria collettiva, tramite anche il riutilizzo di immagini anonime e d’archivio, mettendo in opera una strategia artistica contro il pericolo dell’omologazione culturale.

Nicoletta Leonardi è laureata in storia dell’arte contemporanea a Firenze. Dal 1994 al 1999 è stata Fulbright Fellow e President Fellow alla Columbia University di New York, dove ha svolto attività didattiche e di ricerca, e in seguito è stata Graduate Research Fellow allo University College London. Nel 2000 è stata borsista della Hasselblad Foundation di Göteborg e nel 2001 ha vinto il premio europeo per la fotografia contemporanea Mosaique. Dopo avere insegnato storia della fotografia all’Università degli Studi di Catania, ora è docente di storia dell’arte contemporanea nelle Accademie di Belle Arti. Ha curato numerose pubblicazioni di e sulla fotografia.

Spazio Lavì! INVERNO 2013 – PRIMAVERA 2014

INVERNO 2013 – PRIMAVERA 2014

spazio Lavì!
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William Guerrieri OCCIDENTALE 2005-2013 a cura di Nicoletta Leonardi
Inaugurazione 19 dicembre ore 18,00 / dal 19 al 29 dicembre 2013  tutti i giorni dalle 18,00 alle 20,00 chiuso il giorno di Natale

Matilde Piazzi Rinascimento a cura di Paolo D’Alonzo
Inaugurazione 30 dicembre ore 18,00 / dal 30 dicembre 2013 al 9 gennaio 2014  tutti i giorni dalle 18,00 alle 20,00 chiuso il giorno di Capodanno

Primavera 2014, date da definire: Sarnanoscape 3 Mostra a chiusura del workshop con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, coordinato da Paolo Gobbi e Marina Mentoni /iWalter Cascio, ZTL, a cura di Umberto Zampini / Elena Giustozzi, familiare